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ATA: la normativa per un secondo lavoro


Francesco - Gent.mo vorrei chiederLe: titolare di partita IVA iscritto all'Albo dei Dottori Commercialisti nel  caso di supplenza ATA a quale legge deve far riferimento affinchè le venga concesso un contratto part-time, considerato che non potrebbe accettare più del 50% dell'orario di lavoro??

 Grazie anticipatamente e buona serata

 

di Giovanni Calandrino – Gentile Francesco, la principale norma di riferimento oggi è l'art. 53 del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165 (testo unico sul pubblico impiego) il quale riprende l'Art. 58 del D.Lgs. 3.2.1993, n. 29, così come modificato dal D. Lgs. 31.3.1998, n. 80, nonché il TU 3/1957 e la L. 662/1996. Tale norma, nel rispetto del principio generale dell'esclusività del rapporto di lavoro pubblico, disciplina il conferimento e le autorizzazioni degli incarichi retribuiti ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato. L'aspettativa per motivi di famiglia o di studio non fa venire meno il dovere di esclusività che caratterizza il lavoro alle dipendenza della pubblica amministrazione.

Sono esclusi da queste limitazioni i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno, per i quali c'è una possibilità piuttosto ampia di poter svolgere altre attività lavorative.

La disciplina più specifica, relativa alle incompatibilità del personale docente, è contenuta essenzialmente nell'art. 508 del D. Lgs. 297/94 (che il D.Lgs n. 165/01 richiama) e nell'art. 33 del Ccnl 2003.

Per il personale Ata, invece, non essendoci disposizioni specifiche valgono le norme di carattere generale previste per gli altri pubblici dipendenti e l'art. 57 del Ccnl 2003.

Il dipendente pubblico è obbligato a prestare il proprio lavoro in maniera esclusiva nei confronti dell'Amministrazione da cui dipende. A questo principio di carattere generale fanno eccezione alcuni regimi speciali (ad esempio la possibilità per i docenti di esercitare la libera professione) ed il personale in part time con prestazione lavorativa non superiore al 50%.

Ci sono però altri casi in cui il dipendente pubblico, anche se a tempo pieno, può svolgere, se autorizzato, dalla propria Amministrazione, incarichi di tipo diverso.

Le condizioni e i criteri in base ai quali il dipendente a tempo pieno può essere autorizzato a svolgere un'altra attività sono:

·         la temporaneità e l'occasionalità dell'incarico. Sono, quindi, autorizzabili le attività esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite periodicamente e retribuite, qualora per l'aspetto quantitativo e per la mancanza di abitualità, non diano luogo ad interferenze con l'impiego;

·         il non conflitto con gli interessi dell'amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;

·         la compatibilità dell'impegno lavorativo derivante dall'incarico con l'attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento. L'attività deve essere svolta al di fuori dell'orario di servizio.

 

In base a tali criteri sono da considerarsi attività incompatibili:

·         l'esercizio di attività commerciale, industriale o di tipo professionale che non prevedono uno specifico albo (ad esempio istruttore di scuola guida);

·         l'impiego alle dipendenze sia di privati che di enti pubblici;

·         l'incarico in società costituite a fini di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato.

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