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Sanzione disciplinare al docente per “comportamento pressoché violento”: è obbligo del Dirigente garantire la conoscenza di tutti gli atti

Il Giudice del lavoro di Palermo, Dott.ssa Donatella Draetta, con la sentenza n. 3240/2017, pubblicata in data 08.11.2017, ha accolto le argomentazioni degli avvocati Marco Lo Giudice e Roberta Lomeo che assistevano una docente che lamentava la illegittimità della sanzione disciplinare della censura irrogatale dal Dirigente scolastico.
Nel caso di specie la ricorrente veniva accusata di aver assunto “un comportamento pressoché violento” e “professionalmente scorretto” nei confronti di un alunno diversamente abile e della propria genitrice.
La parte ricorrente ha dedotto, in ricorso, l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata sotto diversi profili tra i quali: la mancata specificità della contestazione, la mancata correlazione tra contestazione e provvedimento sanzionatorio, la violazione del termine di difesa pari a 10 giorni ai sensi dell’art. 55, bis, c. 2, dlgs 165/2001, nonché della facoltà di farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante sindacale, ed infine, nel merito, l’insussistenza del fatto contestato.
Il Tribunale di Palermo ha accertato la fondatezza del ricorso perché il procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare non aveva rispettato le garanzie proprie dell’art. 7, L. 300/1970, nella parte in cui “il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa”;
Nel caso di specie, la ricorrente aveva ottenuto solo a distanza di due mesi dalla conclusione del procedimento d’irrogazione della sanzione la documentazione su cui si era fondata la misura disciplinare.
Dalla cognizione di siffatti documenti la ricorrente aveva potuto prendere atto di circostanze che avevano fondato la determinazione del Dirigente scolastico ma che non erano esplicitate all’interno della contestazione rimasta vaga e imprecisa.
Sulla scorta dell’orientamento consolidato della Suprema Corte, secondo cui la previa contestazione dell’addebito ha lo scopo di rendere noti i presupposti di fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia riscontrato infrazioni disciplinari, il Giudice del Lavoro di Palermo ha dichiarato nulla la censura imposta, condannando alle spese l’Amministrazione resistente.
E’ noto difatti che sul datore di lavoro grava l’obbligo di mettere a disposizione del lavoratore la documentazione relativa ai fatti contestati e ciò ben prima della conclusione del procedimento, a nulla rilevando l’eventuale accesso agli atti operato dalla ricorrente successivamente all’irrogazione della sanzione disciplinare.
Il Tribunale ha peraltro accertato l’insussistenza del fatto contestato rilevando, sotto il profilo della proporzionalità, che le sanzioni conservative, tra le quali rientra la censura, presuppongono l’inosservanza degli obblighi di diligenza e fedeltà previsti rispettivamente dagli artt. 2104 e 2105 del codice civile.
Inoltre, la valutazione della proporzionalità tra il comportamento contestato e la sanzione irrogata deve fondarsi sulle specifiche circostanze del caso concreto ed in particolare, in sede di giudizio, non è stato rilevato alcun comportamento “pressoché violento” da parte della ricorrente.

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